HYBRID WORK e WELL BEING, i nuovi mantra delle organizzazioni
- Barbara Cerizza
- Maggio 25, 2023
Il wellbeing, ovvero il benessere dei lavoratori sta diventando un nuovo mantra per le aziende per trattenere e attrarre talenti. I dati lo dimostrano. Il report di Microsoft “2022 Work Trend Index: Annual Report” evidenzia come sta cambiando la scala di valori:
“il 54% degli italiani sono ora più propensi a dare priorità alla salute e al benessere e il 37% è disposto a prendere in considerazione un nuovo lavoro nel prossimo anno. In questo scenario il 49% dei dirigenti ritiene che la principale sfida dell’era del lavoro ibrido sarà la capacità di ingaggiare i dipendenti”.
In questo articolo andremo a esplorare i principali cambiamenti in corso, soprattutto dopo gli eventi collegati al Covid-19.
Come la pandemia COVID ha cambiato il nostro modo di lavorare
Prima dell’avvento della pandemia, il lavoro da remoto era visto con sospetto dai manager, abituati ad avere il diretto controllo dei propri team, tutti in presenza presso gli uffici aziendali. Anche la cultura e la gestione delle risorse umane aderivano a questo approccio organizzativo pur cominciando, in alcuni casi e timidamente, a sperimentare forme di lavoro ibride utilizzando nuovi strumenti digital di comunicazione e collaborazione a distanza. Fino a quando non è arrivata la pandemia COVID…
Secondo l’indagine pubblicata dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, le persone che hanno lavorato a distanza nel 2020 sono state 6,58 milioni, coinvolgendo il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni italiane e il 58% delle PMI.
Terminata l’emergenza, il lavoro da remoto ha continuato ad essere utilizzato in modo consistente. I lavoratori da remoto nel 2022 sono stati circa 3,6 milioni con una costante crescita nelle grandi imprese che, con 1,84 milioni di lavoratori, hanno contato circa metà degli smart worker complessivi.
Lo Smart Working nel 2022 è stato presente nel 91% delle grandi imprese italiane, mediamente con 9,5 giorni di lavoro da remoto al mese. (dati Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano).
Innegabile dire che a seguito della pandemia, è emersa una nuova consapevolezza sia da parte dei lavoratori che delle aziende: un nuovo modo di lavorare è possibile. Sembra che fra le nuove generazioni, e non solo, il lavoro da remoto sia divenuto un elemento imprescindibile quando si tratta di scegliere un lavoro. Anche le aziende si stanno interrogando rispetto a come accrescere il benessere dei lavoratori (il c.d. wellbeing), spinte dall’esigenza di attuare piani di sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG).
Interrogarsi su come accrescere il wellbeing dei dipendenti non può prescindere da come realizzare un modello di lavoro ibrido.
Smart working, lavoro agile, lavoro flessibile, lavoro ibrido…
Ad oggi risulta evidente come l’introduzione del lavoro da remoto sia stata tanto repentina quanto emergenziale e molte organizzazioni non hanno avuto il tempo per riflettere su come questo cambiamento potesse impattare sul modello organizzativo, sulla gestione del team, della leadership e dei processi.
Infatti si parla indistintamente di lavoro agile, lavoro da remoto, smart working o lavoro ibrido senza pensare a quali possano essere le specificità o le differenze.
Consideriamo il lavoro ibrido come l’evoluzione ragionata del lavoro da remoto, ovvero un modello integrato nella dimensione organizzativa, permettendo ai dipendenti di godere della flessibilità e della libertà di scegliere se lavorare da remoto o in ufficio, avendo i benefici che le due modalità di lavoro offrono.
Anche le aziende possono godere di molti benefici da questo modello organizzativo sia in termini di riduzione dei costi fissi, sia in termini di gestione del personale. Infatti, dipendenti motivati, soddisfatti e felici migliorano le proprie performance e la propria produttività. Le aziende possono poi attuare una riduzione dei costi fissi legati alla gestione degli uffici, a seguito di una minore esigenza di presenza.
In questi termini sembra essere un rapporto win-win, ma quali sono gli elementi caratterizzanti e sfidanti del “lavoro ibrido”?
Elementi sfidanti del lavoro ibrido
VISIONE CONDIVISA – Innanzitutto il lavoro ibrido richiede una visione strategica condivisa all’interno dell’organizzazione e inizia con la costruzione di solide strategie di comunicazione e pianificazione, abbattendo i silos e costruendo un ambiente di lavoro connesso e interdipendente.
TECNOLOGIE – Le moderne tecnologie giocano un ruolo di assoluto rilievo nel rendere effettivo il lavoro ibrido, consentendo un ampio accesso a dati, documenti e informazioni. La sfida è di evitare che l’accesso alle risorse e alle informazioni muti a seconda che il dipendente si trovi in ufficio o al di fuori di esso.
ACCESSIBILITÀ – Ben sappiamo che i dipendenti in ufficio solitamente hanno un accesso più rapido e immediato sia all’infrastruttura tecnologica sia alle informazioni. Tali informazioni tendono ad essere più attuali ed ampie, potendo contare anche su informazioni informali, diventando un indiscutibile vantaggio quando si tratta di adattarsi a rapidi cambiamenti dell’ambiente. Inoltre la presenza in ufficio offre ai dipendenti un supporto sociale ed emotivo grazie alla presenza dei colleghi.
Viceversa i dipendenti che lavorano da remoto solitamente godono di una infrastruttura tecnologica più debole (connessioni lente, impossibilità di accedere a determinate risorse da casa…) e perdono quelle interazioni informali con il rischio di sentirsi più isolati, meno visti e deprivati di relazioni e connessioni sociali.
Ricondurre ad un’armonia queste due dimensioni divergenti rispetto alle opportunità di accessibilità fra ufficio e remoto è un indicatore di quanto il lavoro ibrido sia ben implementato nelle organizzazioni.
LEADERSHIP – Inoltre, la gestione efficace di team ibridi porta anche ad una riflessione del modello di leadership e sulla capacità dei manager di gestire dinamiche di gruppo complesse e in continuo cambiamento. Mantenere alta la coesione, la collaborazione e l’efficacia del gruppo, richiede ai leader di sapersi spendere anche sulla dimensione comunicativa, relazionale e garantire la sicurezza psicologica del team (Mark Mortensen and Martine Haas, 2021).
CULTURA – Questo significa mettere in atto un modello di comunicazione trasparente, chiara e fluida, rafforzare l’adesione ai valori aziendali e la fiducia reciproca, in un ambiente in cui ricevere e dare feedback è parte della normalità e la sicurezza psicologica permette alle persone di esprimersi e di assumersi “rischi relazionali”. Tutti elementi che dovrebbero entrare a far parte di una nuova “cultura organizzativa” (Edmonson Emy C. 2019).
hTEAM – La performance dei team e dei dipendenti in una dimensione hybrid va inoltre sostenuta e rafforzata attraverso un approccio comunicativo basato sul costante dialogo, feedback regolari e aggiornamenti periodici sull’avanzamento del lavoro. Dal momento che la fiducia reciproca diventa un elemento cardine nel lavoro ibrido, necessariamente le persone vanno valutate sul raggiungimento di obiettivi di performance, che possono essere sia quantitativi che qualitativi, dove per obiettivi qualitativi si può far riferimento all’adesione ai valori aziendali e alle norme di comportamento legate a tali valori.
FORMAZIONE – Non può mancare la formazione continua per facilitare l’adeguamento alle nuove modalità di lavoro e sviluppare competenze tecniche e trasversali necessarie a gestire sempre meglio la modalità di lavoro ibrida.
Qual è il giusto modello ibrido da adottare?
Questa è la sfida di ogni organizzazione. Dal momento che ci sono pochi modelli di lavoro ibridi consolidati da seguire e ciascuna azienda ha una propria unicità, con una propria storia, cultura, mission e valori, è necessario che ciascuna trovi il modello più adatto in base al tipo di lavoro svolto, alle esigenze dei lavoratori, agli investimenti tecnologici da attuare e alla capacità di gestire il cambiamento culturale di manager e dipendenti.
Siamo all’inizio di un percorso che sembra irreversibile. Non affrontarlo significa perdere l’opportunità di innovare, attrarre nuovi talenti e saper trattenere i talenti già presenti.
La “nuova normalità” ideale è un luogo di lavoro ibrido inclusivo in cui tutti i dipendenti, indipendentemente da dove lavorano, sono produttivi, coinvolti e si sentono connessi e inclusi.
Foto di copertina di 30Nudos Adicora
Autore / Barbara Cerizza
Appassionata viaggiatrice, alla ricerca di popoli, culture e nuova conoscenza. Affascinata dalle dinamiche e processi organizzativi all’interno delle organizzazioni, siano esse profit e/o no profit. Chi fa la differenza sono le persone e i valori che esse trasmettono. Sempre più convinta che solo insieme si raggiungono gli obiettivi e si realizzano i sogni.