Era un Uomo

Era un Uomo.

Ma sapeva “danzare come una farfalla e pungere come un’ape”.

Un pugile di 100 kg che si muoveva sul ring come uno di 70, che teneva la guardia bassa per poi colpire velocissimo da ogni direzione (e andando in ogni direzione), che proteggeva la sua faccia con il movimento delle gambe, un pugile pieno di difetti per gli esperti della boxe, ma che i suoi difetti li gettava in faccia agli avversari e con essi li batteva.

Quando combatteva, fu detto, era poesia in movimento. Cambiò il suo sport, rendendolo quasi un’arte, l’arte di “colpire e non essere colpito”, e cambiò un po’ anche il mondo, battendosi per i diritti dei neri e di ogni individuo.

Era infatti un uomo che rispettava tutti, ma soprattutto le proprie convinzioni.

Rifiutò di partecipare alla guerra in Vietnam, perché il suo credo religioso glielo imponeva e inoltre…. “non era in lite con quei Vietcong”.

E fu privato del suo titolo, della sua gloria e della possibilità di battersi sul ring e di dimostrare che lui, sì, era THE GOAT, il più grande di tutti i tempi.

Quando gli fu permesso di tornare, dopo tre anni e mezzo, conobbe il sapore della sconfitta, ma dopo altri tre anni e mezzo tornò ad essere il Campione del Mondo, battendo in Africa, contro ogni previsione, un invincibile gigante più giovane di lui di nove anni.

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Può un pugile essere un innovatore ?

Sì, se è riuscito a cambiare il proprio sport, il modo di battersi, il ruolo e il personaggio del Campione, la vita di tante persone attraverso l’esempio della propria, nella gloria ma soprattutto nella malattia, la sindrome di Parkinson che, come un tremendo contrappasso, ha annichilito la sua perfetta fisicità.

Ma certo non il suo spirito.

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Domatore semiserio di anime effervescenti. Crede nel lavorare duro per ciò che si vuole realizzare. Con passione.

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