Il mestiere del futuro? Ancora non esiste!

Qualche giorno fa il World Economic Forum (WEF), come risultato di un’indagine enorme realizzata interpellando i “grandi datori di lavoro internazionali” (cioè i top manager di oltre 2.400 realtà), ha pubblicato un rapporto in cui sono state tratteggiate, da un lato, le linee guida strategiche per le aziende e, dall’altro, le caratteristiche identitarie delle principali professioni del futuro.

Al primo posto le competenze dei dipendenti!

Buona parte dei manager intervistati ritiene che uno dei principali ostacoli allo sviluppo sia da rintracciare proprio nella stessa workforce, in particolare quando quest’ultima non risulti essere integrata ed in linea con strategie orientate all’innovazione. In altre parole, se un’azienda volesse sviluppare un business “d’anticipo”, deve avere in organico dipendenti inclini per mentalità all’innovazione.

Al secondo, la comprensione dell’azienda del mutamento del lavoro.

Le aziende dovranno mettere in opera una serie di ribaltamenti continuamente al passo con le nuove tecnologie e in grado di far crescere il peso specifico dei propri dipendenti. Il rapporto indica, infatti, alcune aree d’intervento assolutamente prioritarie: formazione, mobilità e rotazione di ruoli, talenti femminili. Al vertice della piramide rimane la regola più vecchia del mondo: investire nella formazione! A seguire, però, troviamo il supporto alla mobilità, inteso come quel famoso “lavoro agile” fatto di rotazione di ruoli, uffici, mansioni fra dipendenti e collaboratori. Infine, l’individuazione di nuovi talenti femminili, volta a ridurre definitivamente il gender gap.

I QUATTRO FRONTI DA APRIRE.

Le aziende dovranno prevedere “diversi cambiamenti nel modo in cui l’organizzazione vede e gestisce le sue risorse, sia nel breve che nel lungo periodo”.

Primo: la nuova funzione delle risorse umane. “Il talento non è un elemento eterno, da valutare una volta nel passato o da colmare rimpiazzando semplicemente le persone” si legge. Chi si occupa di risorse umane, quindi, continuerà ad identificare le competenze specifiche dell’individuo. Ma dal momento che sia i vecchi che i nuovi ruoli professionali sono in evidente, rapidissima e continua trasformazione, sarà inevitabile il ricorso ad una strategia di costruzione, canalizzazione e reindirizzamento continuativo dei talenti individuali.

Secondo: utilizzo previsionale dei dati. La pianificazione della forza lavoro, della gestione del talento e delle risorse dovrà analizzare i dati, cercando di creare mappature di categorie lavorative emergenti. Le HR, in sostanza, non si limiteranno a gestire adeguatamente il presente, ma dovranno tentare di anticipare i tempi.

Terzo: biodiversità professionale. La maggior parte degli studi già convergeva circa i benefici dati da una forza lavoro diversificata per sesso, età, origini, orientamento sessuale. La percezione delle aziende sul tema dovrà quindi cambiare e “non ci sono più scuse” al riguardo, scrive il WEF.

Quarto: elasticità lavorativa e piattaforme online. Il diktat del rapporto è chiaro: “il lavoro è ciò che le persone fanno, non dove lo fanno. E l’invito del documento è più ai politici che agli imprenditori: la legislazione dovrà rapidamente diventare coerente rispetto a un mutamento già in atto.

ECCO I LAVORI DEL FUTURO!

Il 65% dei bimbi oggi alle elementari farà un mestiere che ancora non esiste. Tutte le professioni stanno diventando digitali. Sono queste le (più o meno) nuove figure professionali che si stanno delineando:

-dashboard designer-

Questa figura avrà il compito di rendere maggiormente intellegibili e fruibili i dati di marketing, finanziari, amministrativi, di produzione, delle piattaforme digitali dell’impresa.

-social media manager-

Questa figura sarà esperta di social media management, e curerà il piano comunicativo digitale di un’azienda, proponendo iniziative rivolte alla fan’s community (clienti) per stimolarne interazione, fidelizzazione ed engagement.

digital data analyst-

Questa figura dovrà padroneggiare la computer science; avrà il compito di realizzare analisi e proiezioni dei dati di vendita e di geolocalizzazione, dei risultati delle campagne marketing, delle abitudini di consumo.

-digital marketer-

Si tratta di esperti di SEO e SEM, sviluppatori e specialisti del web, che amministrano e dirigono le dinamiche più importanti che impattano un progetto di web marketing.

-Data Protection Officer (DPO)-

Come previsto dal nuovo regolamento europeo sulla privacy, la figura del DPO sarà obbligatoria in tutti gli stati UE a partire dal 25 maggio 2018. E’ una risorsa con spiccate “competenze giuridiche, informatiche, di risk-management e di analisi dei processi”, che avrà l’onere di gestione totale del trattamento dei dati personali, allo scopo di far rispettare le normative europee e nazionali in materia di privacy.

-digital sales account manager-

Questa risorsa sarà esperto di vendite digitali con una specializzazione particolare nell’interpretazione dei dati di utenti più in linea con gli obiettivi di un messaggio pubblicitario.

-editorial content expert-

È una figura con spiccata trasversalità di competenze comunicative e digitali, in grado quindi sia di ideare che produrre contenuti multimediali per un’azienda.

Foto di copertina di Rizal Deathrasher da Pixabay 

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